Dopo la lavorazione del documentario Lotta Partigiana, Paolo Gobetti, approfittando di un concorso indetto dalla Rai nel 1977 – che avrebbe permesso alle associazioni di avere un proprio lavoro programmato in televisione -, cominciò a pensare ad un’opera che potesse raccontare il significato profondo e anche personale dell’esperienza partigiana per chi l’aveva vissuta.
L’8 settembre 1943 aveva creato una spaccatura fra gli italiani spingendo numerose persone, di diversa estrazione sociale e culturale, ad uscire di casa e combattere, persone spesso senza esperienza militare, ma accomunate dal desiderio di sconfiggere il nazi-fascismo. Quella data diventa la spinta vitale, come dice lo stesso regista, “per gente, come me, a cui la Resistenza è entrata nel sangue, non tanto come parte della gioventù, ma perché ha costituito l’esperienza più importante e formativa. Ed è stato come un viaggio senza domani nell’utopia, perché quell’entusiasmo, quella felicità di essere, con altri, a battersi contro il ‘male’ e di costruire qualcosa di ‘nuovo’ (anche se indefinito), sono sensazioni che non si sono provate mai più nella vita, per lo meno con la medesima intensità”.
Le prime bande vede la luce come risposta ad una mancanza del cinema italiano, mancanza sottolineata da Gobetti stesso nella prefazione al libretto che accompagnerà il film alla sua uscita: “Dal ‘45 mi ero chiesto perché il cinema non poteva rendere palese anche agli altri quello che poteva essere stata per noi, per alcuni di noi, questa esperienza [la Resistenza ndr]. C’erano sì le immagini irripetibili, strazianti, dell’ultimo episodio di Paisà; ma per il resto una gran retorica, magari con le migliori intenzioni, tanto a est quanto ad ovest.”
Come già in Lotta partigiana, l’autore sceglie la strada della testimonianza diretta, intervistando ex-partigiani – come Nuto Revelli, Guido Quazza, o Nardo Dunchi -, ai quali alterna filmati originali dell’epoca girati da personalità come don Pollarolo, Claudio Borello e Michele Rosboch.
Attraverso questo mix stilistico nasce un lavoro che esclude l’omaggio celebrativo, virando, semmai, verso un racconto poliedrico in cui, a fianco dell’entusiasmo per la nuova avventura, appaiono le paure e le difficoltà per una lotta complessa e dolorosa, non solo sul piano materiale, ma anche su quello morale e civile.
Le interviste ai partigiani, molto spesso nella forma del dialogo con l’intervistatore o del confronto fra i testimoni, sono sempre realizzate sui luoghi di cui si parla, in montagna, davanti alle baite o in trasferimento per sentieri, boschi, borgate; la piccola troupe, perlopiù di giovani, che lavora con Paolo Gobetti, è spesso in campo e si muove con e intorno ai testimoni, ponendosi in ascolto. Questa scelta accentua il carattere del film come ricerca, a partire dalla rivisitazione, dal movimento anche fisico di innesco della memoria, dalla condivisione profonda con gli altri di certi momenti pur nella diversità delle esperienze. Dice questo benissimo Paolo Gobetti stesso, usando a un certo punto un’espressione che ci pare una definizione dell’essenza del film: “L’esperienza partigiana è stata indubbiamente vissuta in modi estremamente diversi (materiali, ma anche ideali), con impegno, con coscienza assai varie. Eppure queste esperienze, a volte contrastanti, non hanno impedito che nei nostri incontri, nelle nostre ‘rivisitazioni’ anche materiali, geografiche, di paesaggio, con cinepresa e telecamera, potessimo constatare, la troupe e i testimoni, di trovarci realmente in un mondo di memoria con una sua ben precisa consistenza e fisionomia [sottolineatura nostra]”.
Opera corale, nel senso che la mano mai imperiosa del regista suscita e poi inserisce in un flusso riflessioni fra cui colloca anche le sue, Le prime bande dà consistenza a questo “mondo di memoria”, in cui anche lo spettatore finisce con l’entrare. E’ un film sperimentale forse irripetibile, il film di un partigiano a confronto con partigiani, in cui le affermazioni sono l’esito di una ricerca aperta ma determinata di una ‘piccola banda’ che si rimette in cammino e in gioco per scoprire quella parte di sé che un passato assunto in modo invece irrigidito (o, peggio ancora, retorico) nasconderebbe al nostro presente.
Sinossi
Il film rievoca, evitando ogni intento celebrativo, attraverso le parole di tanti protagonisti che si confrontano e si interrogano, gli inizi della guerra partigiana, discutendo, il più possibile sui luoghi stessi della loro Resistenza, le difficoltà e gli entusiasmi dei primi tentativi, delle prime bande appunto; indagando, al di là dei ricordi, i problemi di “apprendistato” di questa nuova forma di lotta, gli imprevisti della vita quotidiana, i risvolti anche dolorosi e difficili nell’esercizio della giustizia e nella creazione di nuovi ideali.
Credits
Le prime bande, Paolo Gobetti. Italia, 1984, 90′, B/N e colore
Soggetto e sceneggiatura: Paolo Gobetti. Musica originale: Ugo Alvazzi. Montaggio: Paolo Gobetti. Produzione: Cooperativa “28 dicembre”
Testimoni protagonisti: Sergio Bellone, Lucia Boetto Testori, Nardo Dunchi, Poluccio Favout, Sandro Galante Garrone, Paolo Gobetti, Andrea Guglielmone, Bianca Guidetti Serra, Gianni Jarre, Alessio Maffiodo, Luigi Moranino, Giovanni Nicola, Giuseppe Pollarolo, Guido Quazza, Nuto Revelli, Renato Testori, Enzo Tron, Adolfo Velino.